2017/09/10

World Trade Center: intervista al capitano della Guardia Nazionale Christopher Daniels

di Hammer. L'originale inglese è disponibile qui.

Undicisettembre offre oggi ai suoi lettori la testimonianza del Capitano della Guardia Nazionale Christopher Daniels che la mattina dell'11/9 lasciò il suo lavoro civile per unirsi ai soccorritori. Dopo essere intervenuto a Ground Zero, Daniels fu anche inviato come militare in Iraq e anche per questo la sua testimonianza è molto preziosa per conoscere gli aspetti delle conseguenze dell'11/9.

Ringraziamo Christopher Daniels per la sua cortesia e disponibilità.


Undicisettembre: Ci puoi fare un racconto di ciò che ti è successo l’11/9? Cosa ricordi di quel giorno in generale?

Christopher Daniels: Forse dovrei darti un po' di contesto su cos'è la Guardia Nazionale negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti abbiamo l'esercito effettivo che è in servizio tutto l'anno e che indossa le uniformi militari e quello è l'unico lavoro che ha. E poi abbiamo la Guardia Nazionale e i Riservisti?, che sono soldati part-time che hanno un altro lavoro e vengono chiamati in caso di emergenza o di guerra come quella in Iraq per un periodo di tempo più lungo, ma è un modo economico di mantenere dei soldati anche se non sono qualificati come quelli dell'esercito effettivo.

Sono nella Guardia Nazionale e la mia unità aveva sede a New York all'incrocio della ventiseiesima strada e Lexington Avenue, appena a nord delle Torri. Lavoravo per una società francese chiamata Fimat, il mio ufficio era a Rockefeller Plaza che è ad uptown. Di solito avevamo le riunioni alla Guardia Nazionale il martedì sera, quindi il martedì andavo al lavoro in macchina in modo da poter andare alla riunione e poi tornare a casa in macchina; parcheggiavo la mia auto nell'armeria che è sulla ventiseiesima strada, ma in quel giorno c'era uno spettacolo, avevano affittato l'armeria per uno spettacolo. L'armeria è un palazzo enorme, un intero quartiere di città, quindi le persone potevano prenderlo in affitto per spettacoli di moda o per scopi commerciali. Quindi quel giorno non potei parcheggiare la mia macchina all'armeria. Per qualche motivo il traffico era più intenso del solito e di norma arrivavo in macchina e andavo in palestra per allenarmi e per fare la doccia prima di andare al lavoro. Arrivai in palestra con solo il tempo necessario per fare la doccia ma non per allenarmi, quindi dovetti andare direttamente al lavoro. Arrivai al lavoro ed ero frustrato perché ero in ritardo e il mio telefono squillò ed era una collega di Chicago che mi disse “Ehi, un aereo ha appena colpito le Torri Gemelle”. Risposi “Non me ne frega un cazzo!” e misi giù il telefono. Degli aerei colpivano i palazzi continuamente a New York, piccoli aerei, non era nulla di cui preoccuparsi prima dell’11/9.

Quindi accesi la mia connessione internet e vidi le notizie e dissi “Wow! E’ spaventoso!” perché vidi la dimensione dell'aereo e il fumo. E poi il secondo aereo colpi e l'intera città andò nel panico e capì che c'era qualcosa che non andava. La mia macchina era parcheggiata a due isolati dal mio ufficio, corsi fino alla macchina e iniziai a guidare verso downtown per andare all’armeria. Mentre guidavo vidi la prima torre cadere; in quel momento non sapevo cosa stavo guardando perché si vedeva solo la polvere che si alzava e non si capiva esattamente cosa stesse succedendo, ma era la prima torre che crollava. Non potei capire che il primo edificio era raso al suolo per via del fumo.

Arrivai all'armeria che era piuttosto vicino a Ground Zero. Le persone camminavano verso nord e la nuvola di fumo stava venendo avanti. Io ero un capitano che era un O3 [uno dei gradi della Guardia Nazionale, N.d.T.]. Il primo in comando nella Guardia Nazionale era un maggiore che era un O4. Quando arrivai c'erano già alcuni soldati che si erano presentati e dissero “Capitano, cosa facciamo?” dissi “Aprite l'armeria”. Diedi loro delle munizioni e li misi ai quattro angoli dell'edificio e alla porta d'ingresso e a quella sul retro. Dissi “Dovete proteggere l'edificio da un altro attacco.” perché nessuno sapeva cosa sarebbe successo. Quindi il maggiore venne verso di me e mi disse “Cosa stai facendo? Stai andando nel panico.” Dissi “Non credo di stare andando nel panico, dobbiamo metterle l’edificio in sicurezza.” Mi disse “No, no. Chris, porta via questi ragazzi, tieni le armi lontane dalle strade.” Pensai “Forse sto andando nel panico. Forse sto esagerando.” Nella mia vita non mi era mai successo qualcosa di così grande. Quindi tornò nel suo ufficio dove aveva un televisore e la seconda torre crollò, quindi tornò fuori bianco come un fantasma e mi disse “Chris, rimetti fuori le guardie subito!” Nella mia mente quello era il segnale che qualcosa di terribile stava succedendo.

I soldati cominciavano ad arrivare all'armeria spontaneamente senza essere chiamati, indossavano le uniformi e preparavano i camion. Chiamai Long Island, che era a circa 45 minuti di automobile, per avere altri camion, era lì che c'era la nostra postazione principale. Dissi “Portate ogni camion in città.”


Prima di allora, nel 2000 avevamo la preoccupazione del Millennium Bug e noi, lo Stato di New York e la Guardia Nazionale, avevamo un piano che se i computer fossero andati in crash e tutto il mondo fosse andato nel panico ci saremmo tutti radunati all'estremità di Long Island e ci saremmo raccolti lì con i nostri veicoli. Quindi l’11/9 io stavo spostando i veicoli da Long Island a New York e raccoglievo le truppe in camion e le mandavo verso Ground Zero. Uno dei miei guidatori disse “Signore, dove devo andare?” Gli dissi “Dove devi andare?! Coglione! Vai dove sono i palazzi! Non vedi il fumo?” Mi disse “Cosa dobbiamo fare?” gli dissi “Aiuta in ogni modo possibile”. Il mio telefono suonò ed era un tenente colonnello, che è più alto di grado del maggiore, che comanda la base aerea di Westhampton e Southampton a circa due ore di distanza, e il tenente colonnello mi disse “Capitano, dimmi com'è la situazione. Dimmi cosa sta succedendo a New York.” Gli dissi “Signore, sto mandando dei soldati a Ground Zero per cercare di aiutare in ogni modo possibile le persone ferite, questa è la nostra prima priorità.” Mi disse “No, devi smettere immediatamente di farlo. Dobbiamo attuare il piano Y2K e quindi devi mandare tutti i tuoi veicoli alla stazione aerea di Westhampton adesso.” Gli dissi “Colonnello, quanti cadaveri a Westhampton avete adesso?” mi disse “Nessuno.” Gli dissi “Quindi perché ha bisogno dei miei veicoli a Westhampton?” Mi disse “Non lo so, questo è il piano.” Gli dissi “Le spiego una cosa, non mi chiami più su questo telefono, cazzo. I miei veicoli non andranno a Westhampton. Vada affanculo!”. Chiusi la comunicazione e continuai con la missione. Non ho mai più parlato con lui. C'era il caos in tutta la città.

Come ho detto, c’era uno spettacolo all'armeria e quindi non potevamo radunare le nostre truppe e reagire all’incidente. Lo spettacolo di norma richiede due giorni per essere allestito e due giorni per essere smontato. Dopo aver sentito cos'era successo smontarono l'intero spettacolo in tre ore e potemmo allestire dei lettini per classificare i feriti.

Tutti nella città si riunivano per cercare di fare qualcosa, ma nessuno sapeva cosa fare, nessuno era al comando in quel momento. Il comandante del mio battaglione, che è un tenente colonnello, un O5, arrivò e disse “Com'è la situazione?”. Gli dissi cosa stavamo facendo e mi disse “Continua a fare ciò che stai facendo. Io e il maggiore Obregon, l’O4, andiamo a valutare la situazione e ti richiameremo per dirti cosa abbiamo bisogno lì.” Quindi io ero all'armeria al> comando di tutto ciò che andava verso sud e il mio comandante di battaglione stava andando giù a valutare la situazione. A quel punto ricevetti una telefonata da un colonnello, che è un O6 e che era a Buffalo, che mi disse “Qual è la situazione? Cosa state facendo?” gli dissi “Il Colonnello Slack è a Ground Zero, sto mandando le truppe là, sto mandando tutti i veicoli per dare maggiore assistenza.” Mi disse “Capitano, non sei autorizzato ad assistere le autorità civili in alcun modo, come pensi di poter pagare questi soldati? Mandali a casa subito e smetti di fare ciò che stai facendo.” Gli dissi “Signore, non credo che lei capisca la situazione nella città adesso. Non è questione di paga.” Mi disse “Hai i miei diretti ordini.” Gli dissi “Ricevuto, signore.” misi giù il telefono e il collega che era accanto a me mi disse “Cosa facciamo?” Gli dissi “Non preoccuparti, continua a fare quello che stai facendo.” E continuammo ad andare verso Ground Zero.

Il Colonnello Slack tornò quella sera e mi disse “E’ un caos totale, la polizia non è al comando, i pompieri non sono al comando, nessuno è al comando in questo momento.” e mi disse “Domani andremo lì e circonderemo Ground Zero con la Guardia Nazionale. Per prima cosa dovremmo fare sicurezza perimetrale per mostrare a tutta la città che abbiamo il controllo della situazione.”

Così la mattina dopo andammo là a mettere in sicurezza l'intero perimetro attorno a Ground Zero. Fu allora che venimmo coinvolti nella brigata del secchio, ricercammo sui tetti parti di cadaveri. A quel punto c'era molta gente che arrivava da Battery Park perché viveva lì e diceva “Hey, devo andare nel mio appartamento perché ho un animale o un cane” e noi dicemmo loro “Non possiamo lasciarti andare nel tuo appartamento perché non sappiamo se il terreno è sicuro, non sappiamo se altri palazzi stanno per crollare.” Quindi andammo in quei palazzi e portammo fuori i cani e gatti e li portammo alle persone.

Poi quando divenne più sicuro cominciammo a lasciare entrare le persone nei palazzi e dicevamo loro “Hai trenta minuti per prendere le tue cose essenziali e uscire.” E lo facemmo per giorni per lasciare almeno che prendessero le cose più importanti prima che potessero finalmente tornare nei loro appartamenti definitivamente.

Ricordo che per i primi giorni vedevamo questa pila e pensavamo “Ci dev'essere qualcuno vivo, troveremo qualcuno.” Quindi scavammo, scavammo e scavammo. Rimanemmo lì per una settimana di fila e poi avemmo un giorno libero, e durante il giorno libero la pila fu sgomberata e quando tornai il giorno seguente potei vedere l'intero campo e non potei crederci. È come essere in un campo da calcio ed essere dentro a una porta, girarsi e vedere l'intera dimensione del campo. Era enorme, fu in quel momento che capii che ci dovevano essere migliaia di cadaveri.


Undicisettembre: Quanto tempo sei rimasto a Ground Zero dopo l’11/9?

Christopher Daniels: Sono stato lì dal 12/9 fino a dicembre. Non a tempo pieno, sono andato a casa un giorno qui e un giorno lì.


Undicisettembre: Cosa ricordi di quel lungo periodo che hai trascorso lì? Qualcosa in particolare ti ha colpito?

Christopher Daniels: La puzza. La puzza era incredibile. Ce l'ho ancora nel naso oggi, non ti lascia mai. Puzza di carne bruciata, gomma, materiale elettronico.


Undicisettembre: L’11/9 come ha cambiato la Guardia Nazionale e il vostro modo di lavorare?

Christopher Daniels: Prima dell’11/9, in luglio o agosto, con lo stesso maggiore O4 di cui ti ho già parlato stavamo facendo la preparazione estiva e mi disse “Hey, Chris, devi fare riparare il tuo equipaggiamento prima possibile.” Gli dissi “Questa settimana non posso andare, ci andrò la prossima settimana. Inoltre, non andremo in guerra a meno che i cinesi invadano Brooklyn, non prendiamoci in giro, non c'è fretta di avere questo materiale riparato.” Ricordo di avergli parlato a novembre, dopo l’11/9, e di avergli detto “I cinesi hanno appena invaso Brooklyn.”

Sono ancora nella Guardia Nazionale oggi, ci sono entrato nel 1986. Ci sono entrato per hobby e per potermi pagare gli studi. Fino al 2001 era un hobby, era qualcosa che mi divertiva, correvi nei boschi, avevi un'arma, stavi con un gruppo, era molto macho. Era molto divertente. Dall’11/9 diventò vero, l’11/9 lo rese vero. Cambiò per tutti noi.

Dovemmo andare a Ground Zero e difendere la città di New York per un paio di mesi e poi tornare alle esercitazioni, e le esercitazioni divennero molto più dure. Nessuno conosceva l'Iraq, nessuno conosceva l'Afghanistan, sapevamo solo che saremmo andati da qualche parte.


Undicisettembre: Quanto ti ci è voluto per tornare alla normalità?

Christopher Daniels: Beh, il servizio militare non è pagato bene come il mio lavoro civile. Io rimasi a Ground Zero per tre mesi, quindi partecipai alla difesa della città di New York per altri tre mesi difendendo ponti e tunnel, quindi tornai al lavoro e fui richiamato nell'aprile del 2003 e tornai a casa nel novembre del 2005. In quel lasso di tempo ci fu una gran differenza nel mio salario. Non mi sto lamentando, ma subii un impatto economico che richiese tempo per essere recuperato. Ci fu anche un impatto familiare che mi richiese circa la stessa quantità di tempo per essere recuperato: mio figlio nacque nell’aprile del 2001 e io più o meno lasciai casa settembre 2001 e tornai a novembre del 2005. E quando torni dalla guerra non entri semplicemente dalla porta e dici “Mamma, sono tornato, cosa c'è per cena?” Ci vuole tempo emotivamente e tuttora ne porto le conseguenze fisiche, tossisco continuamente. Ho problemi a salire e scendere le scale. Ci sono conseguenze fisiche che le persone hanno dopo essere state a Ground Zero e in Iraq. Probabilmente è qualcosa che dovrò combattere per il resto della mia vita.


Undicisettembre: Siccome hai menzionato l’Iraq ti vorrei chiedere anche cosa ricordi del periodo che hai trascorso là.

Christopher Daniels: Molte persone hanno messo in discussione perché siamo andati in Iraq. Ci sono alcune ragioni che ti posso spiegare. Devi pensare: qual era l'umore della nazione? Gli Stati Uniti ebbero Pearl Harbor nel 1941 e fu molto facile dichiarare guerra al Giappone. Abbiamo avuto l’11/9 e fu molto facile dichiarare guerra a qualcuno, ma a chi? Avevamo bin Laden che aveva ammesso di averlo fatto, ma lui non è una nazione. È una persona con un piccolo gruppo. Nel 1941 dichiarammo guerra al Giappone, la nazione si mobilitò, l'invademmo e la nazione lo sostenne. Ma l’11/9 fu come parcheggiare la macchina per andare a bere una tazzina di caffè e quando torni trovare la tua luce posteriore dell'auto danneggiata; sei molto arrabbiato ma contro chi urli? Questo era simile all'umore dell’11 settembre. La nazione voleva azione. Avevamo bin Laden come uomo principale da incolpare, ma non era sufficiente, e inoltre gli Stati Uniti si sentivano minacciati da diversi punti: la Corea del Nord, la Russia, la Libia. Quindi, l'Iraq era un nemico degli Stati Uniti, una volta era un alleato, e uno dei motivi per cui Saddam Hussein, che avevamo sconfitto nella prima Guerra del Golfo, rimase al potere era che disse di avere armi di distruzione di massa. E lui aveva anche problemi con la sua stessa nazione, aveva usato del gas nervino sul suo stesso popolo in Iraq. Quindi per poter tenere sottomesso il suo popolo dovette instillare la paura nei loro cuori, e per fare questo e per mantenere i suoi generali al suo comando li convinse di avere armi di distruzione di massa anche se non le aveva. Mentì al suo popolo per spaventarli, non per spaventare gli Stati Uniti, non gliene fregava un cazzo degli Stati Uniti a quel tempo. Non gliene importava.

Quindi se tu hai un criminale che ha sparato a qualcuno con una pistola e va in galera, poi esce e dice “Ehi, ascolta, ho una pistola in tasca, non puoi vederla ma la tirerò fuori e ti sparerò se non scappi.” scapperai perché è credibile. Quindi il momento in cui gli Stati Uniti presero la decisione di invadere l'Iraq fu quando ritennero che non ci fossero trucchi. Fu Saddam Hussein a fare scherzi. Noi avevamo paura che avrebbe potuto usare le sue armi di distruzione di massa o venderle a bin Laden: è così che iniziò l'invasione.

Ora tutti possono dire che che effettivamente invadere l'Iraq e togliere Saddam Hussein fu un errore, perché adesso la nazione è stata destabilizzata. Saddam Hussein era un dittatore malvagio ma teneva l'intera nazione in ordine in modo che non si combattessero tra di loro. Tra vent'anni forse potremo giudicare se fu la cosa giusta o sbagliata da fare, semplicemente adesso non lo sappiamo. Ora sembra che sia stata la cosa sbagliata da fare in base al risultato che vediamo adesso. E quando gli Stati Uniti invasero l'Iraq, i militari non erano ben equipaggiati, non avevamo nessuna protezione superiore sui nostri Humvee, non avevamo giubbetti per i nostri corpi, ma sconfiggemmo l'esercito iracheno molto velocemente. E pensammo “Ehi, questo è facile, è stata dichiarata la pace, va tutto bene, gli iracheni ci amano, non avremo problemi.” E poi iniziarono le insurrezioni e fu allora che io andai in Iraq. Attraversai il confine con il Kuwait sullo stesso Humvee che avevo guidato nell'estate del 2001, e che guidai fino a Ground Zero e che non aveva alcuna blindatura, solo una portiera normale. Sarebbe inaudito oggi, ma al tempo avevamo questo.


Come prima cosa andammo a Baghdad e ci dissero “Abbiamo bisogno che il vostro battaglione vada in un’area chiamata Taji, dove gli Stati Uniti non sono mai stati, l'abbiamo saltata. Lì c'è un'insurrezione e dobbiamo reinvaderla e metterla in sicurezza.” Ci andammo e ci passammo tre mesi, alla fine la mettemmo in sicurezza ma non capimmo perché fosse stato così difficile. Taji era la prima città nei dintorni di Falluja, arrivammo lì appena prima della seconda battaglia di Falluja e quindi chiunque fosse un insurrezionista e volesse combattere contro gli americani a Falluja poteva andare a Tajii e combattere contro di noi. Subimmo molte perdite lì, il mio intero battaglione ci andò con 650 soldati, perdemmo 19 vite e avemmo oltre 100 feriti.


Undicisettembre: Come pensi che sia l’Iraq oggi? Meglio o peggio che nel 2003?

Christopher Daniels: Attualmente è peggio. Ma non so ancora la risposta finale. Se fra tre anni i sunniti e gli sciiti e curdi finalmente riusciranno a mettersi d'accordo, mettere la nazione in sicurezza e formare una coalizione governativa, potrebbe esserne valsa la pena.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto secondo cui l’11/9 è stato un inside job?

Christopher Daniels: Assolutamente no. È impossibile. Ammettiamo che esci con i tuoi amici e la tua ragazza non ci viene, vedi una donna bellissima al bar e vai a baciarla, quindi dici ai tuoi amici “Non ditelo a nessuno.” Pensi che tutti i tuoi amici terranno il segreto? Uno di loro lo dirà alla sua ragazza e il fatto sarà noto.

Nessuno è stato in grado di portare fatti concreti a sostegno dell'idea che sia stato un inside job.

C'è stato qualche rapporto dell'intelligence che diceva che un attacco era in arrivo? Sì, probabilmente. Ma se la comunità dell'intelligence ti dice che ci saranno 10 attentati a Washington che non si manifestano mai, non puoi reagire a tutta l'intelligence. Si racconta che Franklin Delano Roosevelt sapesse che i giapponesi avrebbero attaccato Pearl Harbor, ma ci credette? Chi avrebbe potuto credere che l’11/9 si sarebbe effettivamente verificato?

Se qualcuno ti avesse detto nell'agosto 2001 “Senti, tu giornalista, nella prima metà di settembre due aerei si schianteranno contro le Torri Gemelle.” Avresti comprato un biglietto aereo per venire negli Stati Uniti sulla base della migliore storia che hai letto su internet?

Se uno dall'Arabia Saudita venisse negli Stati Uniti oggi e avessimo una comunicazione dall’intelligence che si tratta di un terrorista e lo arrestassimo all'aeroporto, cosa accadrebbe poi? Che siamo razzisti, che abbiamo preso la persona sbagliata, che è un amico, che non ha fatto niente di male, che stiamo violando i suoi diritti. Non è semplice prevenire un attacco.


Undicisettembre: L’11/9 come condiziona la tua vita quotidiana?

Christopher Daniels: Beh, non mi piacciono più i palazzi alti. Prendo ancora gli aerei. Ma sto lentamente superando tutto, è difficile guardare fuori dalla finestra e vedere la nuova torre, non credo che andrò mai su quella torre.


Undicisettembre: Pensi che la nazione viva ancora nella paura o pensi che abbia recuperato la sua posizione mondiale?

Christopher Daniels: Non credo che necessariamente abbiamo riconquistato la nostra posizione mondiale ancora, ma questo è dall'interno guardando fuori. Ma riguardo a “viviamo nella paura?” non penso che la maggior parte degli americani viva nella paura. Primo, ci siamo abituati, specialmente a New York, c'era un tubo-bomba qualche mese fa, ci stiamo abituando alle minacce e al pericolo visibile. Secondo, le forze dell'ordine negli Stati Uniti sono state molto veloci a rispondere e hanno catturato queste persone prima che potessero fuggire. Se consideri gli eventi come l’attentato di Boston, quell'uomo ha messo una bomba in mezzo alla folla ed entro pochi giorni lo stavano braccando e fu catturato. Se consideri l’attentatore di New York e New Jersey che ha messo il tubo-bomba, quell'uomo è stato catturato nel giro di pochi giorni. Non puoi prevenire un attacco con una bomba, ma è confortante per le persone che questi uomini siano stati presi.

Quindi la gente pensa che siamo più sicuri, arriveranno nuovi attacchi ma la gente è abituata a vedere uomini dell'esercito con le mitragliatrici che la proteggono; prima dell’11 settembre sarebbe stato molto spaventoso da vedere.

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