2017/07/17

World Trade Center: intervista con l'ex U.S. Marshal Matthew Fogg

di Hammer. L'originale inglese è disponibile qui.

Nel continuo impegno affinché non si perda la memoria di quanto accaduto l'11/9, Undicisettembre offre oggi ai suoi lettori la testimonianza del soccorritore Matthew Fogg che è intervenuto a Ground Zero dopo il crollo delle due torri.

Ringraziamo Matthew Fogg per la sua cortesia e disponibilità.


Undicisettembre: Cosa ricordi in generale dell’11/9? Cosa ti è successo quel giorno?

Matthew Fogg: Arrivai a New York la sera prima, il 10 di settembre, perché con la mia fidanzata volevamo visitare dei parenti. Stavamo in un albergo a circa 30 isolati dalle torri, vicino alla stazione dei pompieri che perse più uomini. Quella mattina vidi in televisione che uno dei palazzi era stato colpito da un aereo, dissi “Wow, fammi uscire a vedere cosa sta succedendo.” Uscii e c'erano persone che indicavano il palazzo e guardando in lontananza si vedeva il fumo che usciva dalla sommità dell'edificio; pensammo che un aereo si fosse schiantato contro il palazzo ma nessuno ne sapeva di più. Guardai per un po' e quindi ritornai dentro; poco dopo un altro aereo arrivò e colpì il secondo palazzo.

Non ero in servizio in quel periodo, e pensai “Wow, come possono due aerei colpire degli edifici in quel modo? Il sistema di navigazione deve essere spento o qualcosa del genere.” Guardavamo il notiziario, penso che fosse la CNN, e cominciavano ad arrivare le domande se si trattasse di un attentato terroristico o di un fenomeno naturale come qualcuno che aveva commesso un errore nel pilotare un aereo. Entrambe stavano bruciando, non avevo idea che sarebbero crollate. A quel punto la stazione dei pompieri che si trovava nello stesso isolato in cui eravamo noi aveva già risposto.

Tornai all'interno e poi i due palazzi crollarono. Capii che sarebbe stato un problema enorme. Nella mia formazione come U.S. Marshal sono stato anche nella squadra S.W.A.T., ho fatto corsi sul salvataggio in caso di emergenza, ho fatto molta formazione su come andare a salvare la gente. L'ironia era che ero nel bel mezzo di una causa contro la mia agenzia e quello era uno dei motivi per cui non ero in servizio a quel tempo. Quando vidi i palazzi crollare capii che c'erano molte persone sotto le macerie, specialmente pompieri, poliziotti, forze dell’ordine e anche civili; e sapevo che quelle persone avevano bisogno di aiuto. C'era una parte di me che stava veramente pensando se era il caso o no di andare lì ed essere coinvolto, per via della causa con la mia stessa agenzia, che erano gli U.S. Marshals, ma avevo troppa esperienza e formazione e pensai “Se ci sarà mai un momento in cui avranno bisogno di me, è questo.”

Sorprendentemente dall'altro lato della strada rispetto a dove stavo c'era un negozio che vendeva forniture militari. Attraversai la strada e spesi circa 300 dollari: comprai pantaloni, una casacca, stivali, torce elettriche, guanti e altre cose del genere, perché il mio obiettivo era andare là e cercare di aiutare. Tornai su e mentre indossavo tutte queste cose che avevo comprato la mia fidanzata iniziò a piangere, era molto preoccupata perché pensava che stessi andando a morire, la mia ultima parola prima di uscire fu “Se non dovessi tornare e qualcuno ti chiede perché, digli che questo va oltre il dovere.” Sapevo che sarebbe stato un puro disastro, non sapevo tutto ma sapevo che sarebbe stato terribile. Iniziammo a sentire ai notiziari che era un attacco terroristico ma non potevamo fare nessuna telefonata; provai a chiamare a casa e altre persone, ma i telefoni non funzionavano, non potei raggiungere nessuno, riuscii a fare solo una chiamata quando il tutto iniziò, a un amico che era a Capitol Hill e mi disse che stavano evacuando gli uffici del Congresso perché era un attacco terroristico.

Quando arrivai a Ground Zero era tarda sera. C'era fumo ovunque, i soccorritori stavano ancora tentando di estrarre persone da lì. I rottami erano così grandi e c'era così tanto fumo e roba nell'aria che a un certo punto mi misi un fazzoletto in faccia solo per cercare di tener fuori tutta quella roba. Era molto difficile muoversi, perché il fumo continuava a uscire, era folle.


Undicisettembre: Cosa faceste nei giorni seguenti?

Matthew Fogg: Beh, cominciò a esserci più organizzazione con la predisposizione di un centro di comando che cercava di dirigere le persone dove dovevano andare a cercare i cadaveri. Avevo corde e l'equipaggiamento e andai a cercare sacche sotterranee e a chiamare e cercare di trovare se c'era qualcuno lì sotto. Ricordo una volta di aver avuto molta paura, pensavo che sarei morto: avevamo trovato questa specifica zona sottoterra, provammo a chiamare, ci calammo con le corde e scavammo una via per entrare in quella sacca, chiamando e picchiettando e cercando qualcuno che rispondesse; proseguimmo per circa 30 metri sottoterra e qualcuno urlò “Il palazzo sta crollando, uscite, uscite, uscite!” E ricordo di aver pensato “Dove diavolo vado adesso?” Mi accucciai lì dov'ero e pregai che il palazzo non mi crollasse addosso, ma pensai che sarei morto. Fu la sensazione più orribile che si potesse avere per se stessi: sei bloccato sottoterra e qualcuno urla “Uscite, uscite, uscite, il palazzo sta crollando.” Il palazzo non crollò, grazie a Dio, ne uscii e continuiamo a cercare.

Finii sulla CNN, ci chiamarono per parlarne, quale equipaggiamento usavamo, come comunicavamo con gli altri ufficiali, tutte le tecniche che stavamo usando, picchiettare sul metallo e questo tipo di cose.

Tirammo fuori un pompiere, ma era morto. Alcuni altri pompieri e io stesso trovammo quest'uomo e cercammo di tirarlo fuori dalle macerie, ma quando lo tirammo fuori era morto, per cui lo coprimmo. C'è una foto di me con un'altra persona mentre portiamo il cadavere giù dalla collina, fu pubblicata nella rivista People.


Undicisettembre: Quanto tempo sei rimasto a Ground Zero dopo l’11/9?

Matthew Fogg: Circa 5 giorni.


Undicisettembre: In quei cinque giorni ci fu qualcosa che ti colpì in particolare? Qualcosa di inaspettato?

Matthew Fogg: C'erano un paio di zone che sembravano continuare a bruciare, non riuscivano a spegnere gli incendi. Forse per via di una perdita di gas sotterranea. A parte quello, c'erano molte persone che arrivavano sul luogo.

Non mi resi conto della necessità della maschera e della presenza degli agenti chimici nell'area fino a più tardi, quando uno dei medici mi disse “Cerca di tenere la maschera addosso tutto il tempo”. Fu dopo uno o due giorni, la indossavo spesso ma c'erano momenti in cui la toglievo pensando “Se non vedi il fumo o le macerie, allora va bene,” ma c'era del particolato e della roba nell'aria. La squadra medica fece colloqui con tutti, così che se qualcosa fosse successo ne avrebbero avuto traccia.


Undicisettembre: Molte persone hanno menzionato anche la puzza. Puzza di carne bruciata e materiale elettronico e gomma. Concordi?

Matthew Fogg: Sì, c'erano momenti in cui si sentiva odore di tante cose. Odori strani, odori misti.


Undicisettembre: Sei mai tornato a Ground Zero?

Matthew Fogg: No, non ci sono ancora stato.


Undicisettembre: Quanto ti ci volle per riportare la tua vita alla normalità?

Matthew Fogg: Non mi ci volle molto, perché ero in lite con gli U.S. Marshals in un'importante causa per discriminazione razziale, avevamo un’azione collettiva certificata che risale al 1994. Quindi la mia vita era una battaglia costante, un conflitto. Sono stato in molte operazioni, non ho mai visto nulla così grande come l’11/9 in termini di distruzione, ma ho visto molte cose personali che mi hanno fatto dire “Questa è solo un'altra faccia della vita.”


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto secondo cui l’11/9 fu un autoattentato?

Matthew Fogg: Ne ho sentito parlare ed è difficile credere che il nostro governo sia in grado di fare qualcosa di questo tipo, ma di nuovo ho visto governi mentire ed essere disonesti, ho visto cose in cui possiamo prendere una brutta piega e il potere può diventare corrotto. Non escludo nulla. Quindi per me è possibile che sia successo.

Quindi quando la gente mi dice “E’ stato un inside job” direi “Dammi maggiori evidenze”, ma magari è successo. Non lo so. Non ho fatto parte dell'investigazione abbastanza per poter dire cosa sia successo. È per questo che ci sono le giurie: le giurie devono guardare tutte le evidenze e qualcuno deve arrivare a un risultato. La versione ufficiale ha senso, ma le giurie devono guardare tutte le evidenze e vedere a quale credono di più. Penso semplicemente di non avere abbastanza informazioni per dire se sia stata al-Qaeda o se non sia stata al-Qaeda.


Undicisettembre: Come pensi che l’11/9 influenzi il lavoro quotidiano degli U.S. Marshals?

Matthew Fogg: Credo che abbia avuto effetti sul Marshal Service, ma allo stesso tempo io li stavo combattendo ed ero assente per infortunio, quindi venivo ancora pagato e tutto quanto. Ma credo che per tutte le agenzie di sicurezza l’11/9 abbia aumentato la consapevolezza della sicurezza e la consapevolezza che grandi operazioni come questa possono avvenire e che c'è sempre un modo in cui nostro sistema può essere compromesso. Quindi prima dell'11/9 tutte le agenzie volevano tenere le proprie cose per sé, come quando io ero molto coinvolto nello scovare i fuggitivi e correre per tutta la nazione; dopo l’11/9 le agenzie hanno iniziato a dire “Dobbiamo unire queste informazioni, perché tu potresti sapere qualcosa che io non so e se avessimo messo insieme queste informazioni avremmo potuto fermare l’11/9.” Quindi, parliamo di più adesso, comunichiamo di più, condividiamo.


Undicisettembre: L’11/9 come condiziona la tua vita quotidiana?

Matthew Fogg: Beh, ci volle un bel po' di tempo prima che io fossi riconosciuto come un soccorritore dell’11/9. Sono nero, c'erano altri agenti neri, ma quando vedi a chi vanno i premi vedi che non c’erano molte delle nostre facce nel primo periodo. Dopo l’11/9 ebbi il mio riconoscimento 8 o 9 anni dopo. Ma feci quello che dovevo fare, misi la mia vita in gioco.

Tutte le cause legali per discriminazione in cui sono coinvolto hanno avuto un effetto su di me, sulla mia carriera, su chiunque sia una persona di colore. Come dico di solito, non mi preoccupo dei cattivi, ma delle persone che erano dietro di me. Quindi l’11/9 non ha cambiato la mia vita in termini di ciò che ho visto è ciò che ho osservato.


Undicisettembre: Cosa pensi degli USA come nazione, anche considerando il nuovo presidente che avete?

Matthew Fogg: Abbiamo il nuovo Presidente Trump, che ha preso il potere dopo il Presidente Obama, e penso che il Presidente Obama abbia fatto un ottimo lavoro nel rendere di nuovo sicura la nostra nazione. Non abbiamo più avuto grandi incidenti, al di fuori delle sparatorie che ci sono e ci saranno sempre finché ci saranno le pistole nelle strade, ma a parte quello non abbiamo avuto altri grandi incidenti. C'ha portato fuori da due guerre. Essere in guerra ci faceva sentire insicuri, quindi essere usciti da quelle due guerre si fa sentire di nuovo sicuri.

Trump sta usando molta terminologia secondo cui dovremmo avere paura, come “Dobbiamo essere forti, dobbiamo sviluppare il nostro apparato militare”, e questo spaventa le persone e fa domandare “Hai intenzione di andare in guerra? Perché dobbiamo sempre vivere nella paura? Stiamo andando bene”. L'economia sta crescendo, il commercio è di nuovo sulla buona strada, Wall Street sta andando bene. Quindi la paura degli immigrati e di qualcun altro che venga in questa nazione è stata aumentata dal linguaggio e da questi divieti sui musulmani. Sta riportando molta paura nella nostra nazione, specialmente dalle persone che corrispondono a questa descrizione, come i musulmani o in messicani, e ciò che mi spaventa un po’ è “Come bilanciamo questo?” Per me dobbiamo rimanere sicuri, ma senza spaventare a morte tutti gli altri.

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