2014/05/18

Il caso del volo Korean Air 85

di Hammer

Uno degli aspetti meno noti dell'11/9/2001 riguarda quanto accaduto al volo Korean Air 85, un Boeing 747 della compagnia di bandiera sudcoreana decollato da Seul con destinazione New York. Durante il tragitto era prevista una sosta ad Anchorage, in Alaska, per il rifornimento di carburante, ma mentre il velivolo si stava avvicinando al confine statunitense, a causa di un errore di comunicazione, fu scambiato per un aereo dirottato e le forze armate degli Stati Uniti si stavano predisponendo all'eventualità di abbatterlo. Il Boeing aveva a bordo circa 200 passeggeri.

A quasi 13 anni di distanza la dinamica di quanto successo è ancora molto confusa e in rete si trovano dettagli fortemente discordanti. La notizia fu riportata nel 2002 da varie testate tra cui Usa Today, CNN e The Globe and Mail, ma per un'analisi il più possibile attendibile ci dobbiamo affidare alle interviste a due controllori di volo, Rick Wilder e Dave Connett, pubblicate dall'Alaska Public Media nel 2011.

Le diverse fonti concordano nel ritenere che il problema nacque quando nelle comunicazioni tra l'equipaggio del volo e l'ARINC, società a cui le compagnie aeree affidano lo scambio di messaggi con gli equipaggi dei velivoli di linea, questa ricevette alle 11:08 (orario della costa orientale) un messaggio contenente le lettere "HJK" che nella concitazione e nel caos di quella giornata vennero interpretate come comunicazione di un avvenuto dirottamento. L'ARINC ne informò prontamente l'FAA che a sua volta ne informò il NORAD e il centro di controllo di volo di Anchorage. Il NORAD inviò due caccia F-15 dalla base di Elmendorf ad affiancarlo e quanto accadde dopo che il velivolo entrò nello spazio aereo dell'Alaska intorno alle ore 13 è oggetto di racconti discordanti.

Alcune fonti, tra cui Usa Today, riportano che il pilota del volo Korean Air 85 inserì di sua iniziativa nel transponder il codice 7500, che indica un dirottamento in corso, invece entrambi i controllori sostengono di aver ricevuto ordine di chiedere al pilota di inserire tale valore. I racconti dei due controllori non collimano su chi dei due impartì l'ordine al pilota in quanto entrambi sostengono di essere stati i primi a farlo. Tuttavia entrambi asseriscono di essere rimasti molto sorpresi dall'aver ricevuto una simile richiesta in quanto a nessuno dei due era mai successo nel corso della loro esperienza di dover chiedere a un pilota di inserire il codice 7500. Connett chiarisce però che, nonostante lui non lo sapesse, questo era previsto dalla procedura dell'FAA per verificare che un eventuale dirottamento fosse veramente in atto.

Infatti lo scenario di dirottamento previsto prima dell'11/9 era che il pilota rimanesse ai comandi e si ritrovasse il dirottatore a puntargli un'arma per obbligarlo a ubbidirgli. La torre di controllo, in caso di sospetto dirottamento, doveva chiedere al pilota di inserire il codice 7500; se l'aereo fosse stato davvero dirottato il pilota doveva eseguire l'ordine così confermando l'avvenuto dirottamento inserendo un valore di cui difficilmente il dirottatore poteva conosce il significato, in caso di falso allarme il pilota avrebbe invece dovuto specificare che non era necessario inserire il 7500 in quanto non era in corso alcun dirottamento.

Il pilota del volo Korean Air 85, evidentemente ignorando la procedura, inserì il codice 7500 nel transponder, così aumentando l'allarme già in corso. Temendo quindi un quinto schianto suicida, la torre di controllo ordinò al pilota di non proseguire verso la popolosa città di Anchorage ma di atterrare a Whitehorse, nella provincia canadese dello Yukon. Nel frattempo, comunque, il governatore dell'Alaska ordinò l'evacuazione degli alberghi più grandi e degli edifici governativi di Anchorage.

Connett racconta di aver incontrato ripetute resistenze da parte del pilota ad allungare il proprio tragitto fino a Whitehorse e di essere riuscito a convincerlo solo dopo numerosi tentativi. Wilder aggiunge che il pilota comunicò di avere solo 65 minuti di autonomia e che il tragitto fino a Whitehorse sarebbe durato 50 minuti, l'atterraggio sarebbe quindi avvenuto con soli 15 minuti di autonomia residua. Il motivo delle resistenze del pilota è forse da individuarsi proprio nella scarsezza di carburante residuo e anche nel fatto che l'aeroporto di Whitehorse si trova in mezzo alle montagne (foto accanto) e l'atterraggio con un 747 può essere difficoltoso.

Il comando del NORAD di Winnipeg aveva acconsentito a fare entrare il volo Korean Air 85 nello spazio aereo canadese affiancato dai caccia F-15 statunitensi insistendo però che un eventuale abbattimento avrebbe dovuto essere deciso dal governo canadese. Come riportato da The Globe and Mail, l'allora Primo Ministro del Canada, Jean Chrétien, fu raggiunto da una telefonata e disse che in caso di accertato dirottamento sarebbe bastato chiamarlo di nuovo perché autorizzasse l'abbattimento.

Senza ulteriori complicazioni il velivolo atterrò a Whitehorse dove dei cecchini erano posizionati sui tetti degli edifici e dove i gendarmi canadesi della Royal Canadian Mounted Police attendevano l'aereo sulla pista. Secondo quanto riportato dall'Anchorage Daily News (che dedicò alla vicenda due articoli: uno e due) i Mounties entrarono nella cabina di pilotaggio con le armi spianate e fecero dapprima scendere il Primo Ufficiale tenendolo sotto tiro e poi il resto dell'equipaggio a cui fu ordinato di tenere le mani alzate in modo che potessero essere perquisiti. Dopo aver interrogato i piloti i Mounties chiarirono che si era trattato solo di un errore di comunicazione tra l'equipaggio e i controllori di volo.

Episodi come questo dimostrano quale caos regnasse l'11/9 nel NORAD, nell'FAA e tra i controllori di volo e mentre oggi, a distanza di 13 anni, è chiaro e noto che i voli dirottati fossero quattro e tutti decollati dagli Stati Uniti quel giorno non lo era e qualunque situazione poco chiara poteva essere interpretata come una minaccia. Inoltre un caso del genere mostra che gli scenari da Far West dei cieli in cui al minimo segnale un velivolo viene affiancato e abbattuto in pochi minuti ipotizzati dai complottisti sono solo il frutto della fantasia di chi ha visto troppi film d'azione.

4 commenti:

Jollyjumper ha detto...

Interessantissima vicenda!

Una considerazione della serie "La verità è nei dettagli":

Questo episodio da solo, secondo me, rende inverosimile qualsiasi ipotesi di inside job. A che pro inscenare un "diversivo" del genere, con tutti i rischi che avrebbe comportato (compreso quello di un incidente internazionale) nel quadro di un ipotetico auto-attentato? Gli eventi descritti nell'articolo sono invariabilmente figli della genuina confusione che regnava incontrastata in quelle tragiche ore.

Giuliano47 ha detto...

Questo caos mi ha ricordato il caos che regnava il giorno dello sbarco in Normandia, il 6 giugno 1944. Facendo le debite proporzione fra i due episodi, naturalmente.

Carlo ha detto...

Ottimo articolo.
Una cosa che non c'entra con questo ma è inerente al blog.
Sapete mica se prima dei crolli delle torri gemelle, c'era gente sui tetti? Ho guardato diversi video e mi sembra di non aver visto persone.

Paolo Attivissimo ha detto...

Carlo,

a quanto mi risulta, le porte d'accesso al tetto del WTC erano chiuse a chiave al di fuori dell'orario delle visite turistiche e comunque uno solo dei tetti era accessibile per le visite. Gli attacchi avvennero prima dell'orario d'inizio delle visite e nessuno, che io sappia, aprì le porte verso il tetto.