2011/09/15

Decennale 11/9 tra media e complottismo

di John - www.crono911.org

L'immagine a sinistra mostra la schermata iniziale della sezione che Televideo RAI ha dedicato ai fatti dell'11 settembre in occasione della ricorrenza decennale della tragedia.

È una schermata che simboleggia in modo esemplare che le vicende di quel giorno sono entrate nella cronistoria di questo secolo e la sequenza dei fatti non è minimamente in discussione: quattro velivoli civili dirottati da 19 terroristi di Al Qaeda, di cui due si schiantano contro le Torri Gemelle, uno contro il Pentagono e l'altro nelle campagne della Pennsylvania in conseguenza della rivolta dei passeggeri.

Mandante degli attentati: sempre Al Qaeda.

Questo è il nocciolo dei fatti di quel giorno, attorno al quale ciascuno può esprimere le proprie opinioni ma che nessuno può mettere in discussione.

Eppure nei giorni precedenti c'era stata una significativa riproposizione delle ormai ammuffite teorie complottiste costruite dopo l'11 settembre.

Il settimanale L'Espresso ha abbinato la rivista al DVD del film Zero, prodotto da Giulietto Chiesa e soci, che mette insieme una serie di affermazioni false o infondate e ricorre a espedienti cinematografici (un ridacchiante Dario Fo che mima un Boeing, cartoni animati che illustrano le fantomatiche difese antiaeree del Pentagono) nel tentativo di dare credibilità a teorie senza capo né coda.

La Storia Siamo Noi, programma di RAI Due condotto da Minoli, ha dedicato al medesimo argomento una puntata che ha sostanzialmente accreditato alcune tra le teorie complottiste più sconclusionate.

Numerosi quotidiani hanno pubblicato articoli che mostrano di prendere in seria considerazione le medesime teorie, come il Manifesto, che in un articolo di Manlio Dinucci ha dato voce alle farneticazioni di Steven Jones, il professore di fisica colto più volte a mentire e a costruire prove false e che sostiene di aver dimostrato che Gesù Cristo visitò il Sud America.

L'assalto ha interessato anche Wikipedia, dove un amministratore ha cancellato numerosi link che puntavano a siti di informazione anti-complottista (compreso questo blog) e ha messo in black-list (una specie di censura) i siti di Crono911 e di 11-settembre.

Non sono mancati i soliti convegni, qualche volta con tanto di patrocinio di enti locali, come quello del comune di Vigevano che ha ospitato Maurizio Blondet, giornalista ben noto per le sue particolari posizioni in materia di antisemitismo e razzismo.

L'ondata ha provocato grande euforia tra i siti dei complottisti, presto smorzata da ciò che si è verificato l'11 settembre, quando praticamente tutti gli organi di informazione mediatica hanno dato spazio alle commemorazioni della tragedia e hanno accreditato senza alcuna incertezza la ricostruzione reale dei fatti senza concedere alcuno spazio alle teorie complottiste.

Come si spiega tutto questo? Azzardiamo qualche ipotesi e riflessione.

Gli organi di informazione mediatica sono principalmente società commerciali in cui vige la regola del profitto. C'è un momento giusto per vendere il complottismo, c'è un momento giusto per vendere i fatti.

Ovviamente entrambi i prodotti si possono vendere in modi diversi, con differenti sfumature e "accessori": qui entra in gioco il contesto ideologico nel quale si riconosce ciascun organo mediatico, che a sua volta corrisponde al proprio target primario, ossia alla posizione ideologica mediamente condivisa dal proprio pubblico.

Più una teoria fa "scalpore" e più incrementa le vendite, ed è innegabile che le teorie complottiste abbiano questa qualità. Dato che, però, la teoria complottista è generalmente infondata e menzognera, la sua finestra di utilizzo commerciale è molto ristretta: insistere nella sua proposizione esporrebbe la testata a una progressiva perdita di credibilità e prestigio.

Questo è il motivo per cui le teorie complottiste "bruciano" intensamente e poi spariscono velocemente dal circuito mediatico per essere riproposte alla successiva favorevole occasione, senza mai provocare alcuno scossone nell'opinione pubblica e nella realtà sociale.

Il complottismo è solo un utile diversivo per fare audience, c'è solo da prendere atto del meccanismo e apprezzare le rare volte in cui un organo di informazione affronta l'argomento in maniera seria ed esauriente senza indulgere nel sensazionalismo.

C'è poi da fare un'attenta riflessione sul comportamento dei complottisti e per la precisione dei "produttori" di complottismo, ossia di coloro che creano le teorie complottiste e producono film, libri, siti web, convegni, ricercando spasmodicamente visibilità su quello stesso "mainstream" che accusano di essere al soldo dei potenti e dei cospiratori.

Dopo 10 anni è sotto gli occhi di tutti che i complottisti non abbiano mai davvero provato a sottoporre le proprie teorie e le proprie accuse all'unico vaglio che possa davvero accreditarle: quello giudiziario.

Ai complottisti interessa solo la diffusione delle proprie teorie alla più larga fascia di pubblico possibile, evidentemente perché questo è il miglior sistema per commercializzare i propri prodotti o per diffondere le ideologie di riferimento.

Se le prove della cospirazione sono così evidenti come sostengono, perché mai nessun giudice ha ritenuto di imbastire un processo contro i responsabili?

E qui non basta rispondere: "tutti i giudici sono corrotti e asserviti al potere". Abbiamo visto tanti giudici, in Italia e nel mondo, sovvertire governi e processare le massime autorità.

Non è detto che i processi raggiungano l'obiettivo: qualche volta devono fermarsi a un capro espiatorio, come accadde per lo scandalo Iran-Contras. Ma se un giudice può arrivare a mettere sotto accusa il presidente degli Stati Uniti per un rapporto di sesso orale(1), figurarsi per una cospirazione che ha ucciso tremila concittadini e provocato due guerre.

È chiaro che ai complottisti non interessa un'inchiesta giudiziaria (del resto, proprio sull'11 settembre c'è già stata quella su Zacarias Moussaoui), che finirebbe per sancire definitivamente l'infondatezza delle loro teorie e l'inesistenza delle loro prove, ma interessa soltanto diffondere dubbi e incertezze, alimentare dibattiti e confronti, fare proselitismo ideologico o religioso e conquistare qualche fettina del mercato commerciale mediatico.

Ne è riprova il recente episodio della patente di CeeCee Lyles: se davvero i complottisti fossero convinti di avere in mano una prova così evidente e incontestabile della falsità del documento, perché non la sottopongono a un giudice federale?

Non lo fanno perché sanno benissimo che quella patente è genuina.

Dopo dieci anni di complottismo undicisettembrino, l'unica conclusione a cui necessariamente si arriva è questa.

(1) In riscontro alla mail di un lettore, precisiamo che l'allora presidente Bill Clinton fu accusato di aver mentito su un rapporto sessuale intrattenuto con la collaboratrice Monica Lewinsky, prima nell'ambito di un processo per molestie sessuali a un'altra donna, Paula Jones, poi in alcune dichiarazioni pubbliche.