2008/04/05

105 bubbole in Zero (terza parte)

di Undicisettembre

Eccoci alla terza parte dell'elencazione dei 105 errori gravi, tagli ingannevoli, dati fasulli e stupidaggini tecniche rilevati nel video Zero, nella versione presentata alla Festa di Roma. La prima parte, dedicata alla pre-sigla e al World Trade Center, è qui; la seconda, dedicata al Pentagono, è qui.

La versione in DVD di Zero, differente da quella presentata inizialmente, è recensita qui.

Le mancate intercettazioni aeree


  1. In caso di dirottamento o deviazione di rotta, i caccia decollano automaticamente, ma l'11/9 non andò così. Falso. Le procedure di gestione dei dirottamenti pre-11/9 non prevedevano decolli automatici di caccia. I caccia servivano solo per accompagnare a debita distanza l'aereo e facilitarne il monitoraggio. Gli ordini dei piloti di linea, all'epoca, erano di negoziare e atterrare.
  2. Gli aerei dirottati vagarono fino a un'ora e mezza. Eppure i caccia sono velocissimi. Falso. Nessun aereo dirottato volò per 90 minuti in mano ai dirottatori: il tempo massimo fu 46 minuti (Volo 77 contro il Pentagono). I caccia sono supersonici, ma possono volare a velocità supersonica solo per brevi tratti e all'epoca non erano autorizzati a farlo sopra zone abitate. E poi bisogna sapere da che parte mandarli: gli aerei dirottati erano invisibili ai controllori di volo.
  3. C'erano tante basi aeree, perché nessuno decollò? La domanda è già stata fatta (Zerobubbola 60) e la risposta è sempre la stessa: i caccia non sono automobili, nelle quali basta saltare a bordo e girare la chiave. Devono essere riforniti, preparati e tenuti in allerta; deve esserci un pilota disponibile, attrezzato e pronto. Avere tanti caccia parcheggiati non significa averne altrettanti pronti al decollo istantaneo. Questa è la vita reale, non Hollywood. Chiedete a qualsiasi militare. Considerate che persino dopo l'11/9, per l'aereo della Helios caduto in Grecia nel 2005, fra la perdita di contatto radio e l'ordine di decollo passarono tre quarti d'ora.
  4. C'erano state 67 intercettazioni nel 2001, perché questa volta non ci furono? Zero "dimentica" di dire che quelle 67 intercettazioni avvennero fuori dal territorio degli Stati Uniti, lungo i confini, in zone altamente sorvegliate chiamate ADIZ, nell'ambito della difesa militare del perimetro degli Stati Uniti contro aerei provenienti dall'esterno. Non c'erano state intercettazioni di voli interni sin dal 1999 (quando ve ne fu una, quella del jet del campione di golf Payne Stewart).
  5. I piloti avevano il permesso di abbattere; anzi, lo imponeva la legge. Falso. Checché ne dica Zero, non esisteva alcuna legge di questo genere (non a caso, Zero non ne fornisce gli estremi). Non solo: se questa storia fosse vera, contraddirebbe quello che affermerà risolutamente Zero tra un istante, ossia che tutti gli ordini di intercettazione e abbattimento dovevano passare dal Pentagono.
  6. I protocolli di intercettazione furono cambiati poco prima dell'11/9 per rallentarli: tutto passava dal Pentagono. Ma come? Zero ha appena finito di dire che i piloti potevano, anzi dovevano abbattere per legge, e adesso dice l'esatto contrario? Zero non documenta quest'affermazione, come del resto ha fatto anche per quella contraria. I fatti, pubblicamente consultabili, sono che le regole di gestione dei dirottamenti prevedevano già da tempo che il pilota dell'aereo dirottato seguisse gli ordini del dirottatore, comunicasse (se necessario tramite segnali segreti convenzionali) il dirottamento ai controllori di volo e negoziasse con il dirottatore fino ad atterrare da qualche parte. Poi sarebbe iniziata la fase di trattativa a terra per liberare almeno parte dei passeggeri e se necessario sarebbero intervenute le forze speciali.
    In tutto questo protocollo, i caccia avevano solo un ruolo di monitoraggio e si collocavano dietro l'aereo, in modo da non essere visibili ma poter riferire a terra eventuali segnali del pilota o problemi a bordo del velivolo dirottato.
    Comunque l'11 settembre i controllori di volo scavalcarono i protocolli per tentare di far decollare i caccia il più rapidamente possibile.
  7. Rumsfeld bloccò la catena di comando per fare l'eroe sul prato del Pentagono. Fu certamente un'imprudenza e un gesto mediatico andare a prestare soccorso, ma Zero non dice che vi andò scortato dalle guardie del corpo, che lo tenevano in contatto radio costante con i centri di comando. La catena di comando non fu mai interrotta, e comunque il gesto di Rumsfeld avvenne dopo l'impatto del terzo aereo, quindi troppo tardi per influire significativamente sull'esito degli attacchi.
  8. I responsabili sono stati promossi. Falso. Zero cita addirittura persone che non erano neanche in posizione di comando quel giorno, e comunque il disastro dell'11/9 non è attribuibile a una singola persona o a un gruppo di individui, ma a una sottovalutazione generale del rischio da parte di più di un'amministrazione USA e di scelte operative che partono fin dagli anni '80 e nelle quali hanno avuto un ruolo importante enti civili e compagnie aeree. Mettiamo in galera tutti quelli che hanno fatto parte di tutte le amministrazioni Bush, Bush senior e Clinton? Comunque negli anni successivi Rumsfeld, Cheney e quasi tutti i vertici della difesa e dell'intelligence sono stati rimossi e sostituiti senza troppo clamore.


I dirottatori: identità dubbie, comportamenti strani


  1. Dopo tre soli giorni, l'FBI sapeva già tutto sui dirottatori. Falso. Tre giorni dopo, il 14 settembre 2001, l'FBI pubblicò un elenco di soli nomi, senza foto. E i nomi di molti dei dirottatori erano sbagliati. Ad uno dei nomi erano associate ben sette possibili date di nascita; ad altri non ne era associata nessuna. Nei giorni successivi circolarono varie foto dei dirottatori, ma molte si rivelarono sbagliate. La lista dei nomi giusti, con le foto giuste, fu pubblicata soltanto il 27 settembre: sedici giorni dopo gli attentati. Inoltre le indagini dell'FBI sui dirottatori non terminarono, ma proseguirono. Non fu particolarmente difficile identificarli: i dirottatori erano per forza di cose a bordo, per cui bastò guardare l'elenco dei passeggeri, come dice persino lo spezzone di conferenza stampa dell'FBI mostrato da Zero proprio a questo punto.
  2. Nelle liste dei passeggeri non ci sono i nomi dei dirottatori. Falso. Le liste li comprendono eccome, e ne indicano anche i posti, confermati oltretutto dalle telefonate fatte dalle assistenti di volo durante i dirottamenti. I complottisti hanno scambiato la lista delle vittime per una lista dei passeggeri, senza rendersi conto che i dirottatori, non essendo vittime, sono elencati a parte.
    E poi scusate, se fosse stata una messinscena, gli organizzatori sarebbero stati così idioti da dimenticarsi di mettere i nomi dei dirottatori nelle liste d'imbarco?
  3. Non c'è DNA arabo al Pentagono. Falso. Le analisi dei resti umani trovati al Pentagono confermano la presenza di cinque DNA non appartenenti a familiari delle vittime. Due di questi DNA sono imparentati. Due dei dirottatori del Volo 77 che colpì il Pentagono erano fratelli: Nawaf al-Hazmi e Salem al-Hazmi.
  4. E' impossibile che un passaporto di un dirottatore sia stato trovato intatto al World Trade Center. Non è impossibile: per quanto sia poco intuitivo, è quello che succede in tutti gli incidenti aerei. Vengono trovati oggetti fragili ancora intatti. Il passaporto non fu l'unico oggetto delicato trovato al WTC: furono recuperati anche oggetti personali dei passeggeri, giubbetti di salvataggio, cuscini di sedili. Oggetti che non bruciarono perché furono proiettati fuori dall'edificio durante l'impatto. Parti d'aereo trapassarono le Torri e arrivarono in strada. Quindi non avevano alcun incendio a cui sopravvivere.
  5. I terroristi non si comportavano da fondamentalisti islamici. La prima "fonte" di questa teoria è Amanda Keller, ex spogliarellista, che diceva di aver conosciuto un certo "Mohammed" che beveva vino, birra e liquori e aveva scorte di cocaina. Ma la Keller ha ammesso poco dopo di aver mentito, dopo che i giornalisti l'hanno messa sotto indagine, e che il suo Mohammed era un altro studente di scuola di volo. Zero, però, non informa lo spettatore di questa ammissione. Come mai?
  6. I terroristi hanno identikit "bizzarri" e "il dono dell'ubiquità". Gli intervistati di Zero, Moni Ovadia e Ralph Schoenman, attribuiscono ai terroristi vari comportamenti insensati, compresa una scena da ubriachi in un bar e una telefonata che sarebbe stata fatta da Mohamed Atta a suo padre il giorno dopo gli attentati. Il padre dice anche che Atta è vivo. Come mai non si fa vedere, almeno in un video? Se ci riesce Osama, potrebbe farlo anche lui. I complottisti prendono soltanto i resoconti aneddotici e non verificati, pubblicati in forma dubitativa da alcune testate, e scartano tutto il resto della mole di prove documentali che ricostruiscono i veri comportamenti dei terroristi, dimenticando inoltre che uno dei loro compiti era confondersi con la popolazione assumendone i medesimi atteggiamenti.
  7. Uno dei dirottatori andò a un ufficio governativo a chiedere un prestito per comperare un piccolo aereo per irrorazioni, minacciò una funzionaria di tagliarle la gola e cercò di comperare un poster del Pentagono. Che ci fa un poster del Pentagono in vendita in un ufficio governativo civile? Infatti la storia è ben diversa da come la racconta Zero. La funzionaria raccontò infatti che un signor Atta, che non si sa neanche se è il Mohammed Atta dirottatore o uno degli altri centoquaranta Mohammed Atta tuttora abitanti negli Stati Uniti, chiese un prestito e commentò la scarsa sicurezza dell'ufficio, dicendo scherzosamente che non c'era nulla che gli impedisse di tagliare la gola alla funzionaria e scappare con i soldi. Il poster non era del Pentagono, ma dell'area di Washington. E il tutto avvenne quando l'Atta dirottatore non era neanche negli Stati Uniti. Il concetto di omonimia sfugge agli autori di Zero, e sfuggirà ancora, come vedremo tra poco.
  8. Due dirottatori fecero "una gita a Portland" il giorno prima degli attacchi, rischiando di arrivare in ritardo. Non fu affatto una gita, ma un test: due dirottatori si allontanarono dal gruppo e presero un volo prima di tutti gli altri, per sapere se le autorità li avevano individuati (uno di loro, Atta, aveva buone ragioni per temerlo). Se fossero stati arrestati a Portland, gli altri dirottatori non avrebbero ricevuto conferme e avrebbero annullato il piano senza farsi catturare. E' una prassi che segnala un buon livello di preparazione nel terrorismo.
  9. Moni Ovadia dice che il video che mostra l'imbarco dei terroristi sull'aereo che stanno per dirottare è "...falso. Quel video mostra i due che si imbarcano a Portland". Ovadia, o chi gli ha scritto il copione, ha preso un granchio clamoroso. Infatti ha sbagliato video: quello che mostra Zero è effettivamente ripreso all'aeroporto di Portland, e infatti gli atti ufficiali dicono appunto che è stato ripreso a Portland (altro che "falso"). Il video che mostra l'imbarco a Dulles è un altro. Complimenti per la ricerca giornalistica approfondita.
  10. Non ci sono prove della presenza dei dirottatori. Falso. Ci sono, per esempio, le telefonate delle assistenti di volo che li identificavano. C'è il video che li mostra all'imbarco (quello sul quale Zero ha appena preso un granchio dichiarandolo falso). C'è il DNA trovato nei luoghi d'impatto. E poi che senso avrebbe addestrarli come piloti e poi non farli salire a bordo? E dove sarebbero adesso, allora?
  11. I dirottatori sono ancora vivi. Moni Ovadia dice che cinque di loro si sono presentati dopo gli attentati e hanno protestato per l'errata accusa. Zero evita accuratamente, però, di mostrare queste persone, perché non somigliano affatto ai dirottatori: sono semplicemente omonimi. La questione è stata chiarita anni fa dai giornali di tutto il mondo: come mai Zero non lo sa?

Nel prossimo articolo verranno elencate le bubbole della parte successiva di Zero, dedicata ai video di rivendicazione, alla natura inventata di al-Qaeda e alle avvisaglie insabbiate.

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