2014/07/21

World Trade Center 3: intervista con il sopravvissuto Frank Razzano

di Hammer. L'originale inglese è disponibile qui.

Il Marriott Hotel sorgeva in mezzo alle due Torri Gemelle ed era ogni giorni affollato di persone che si trovavano a Manhattan in visita o per motivi di lavoro.

L'hotel è andato completamente distrutto negli attacchi dell'11/9, ma molti dei suoi ospiti sono sopravvissuti e i loro racconti contengono molti preziosi dettagli su quanto accaduto quel giorno.

Undicisettembre offre oggi ai suoi lettori la testimonianza dell'avvocato di Washington Frank Razzano, citato con il suo permesso, che si trovava a New York per un caso particolarmente importante.

Ringraziamo Frank Razzano per la sua cortesia e disponibilità.


Undicisettembre: Cosa ricordi in generale dell'11/9? Ci puoi fare un racconto di ciò che hai visto quel giorno?

Frank Razzano: Sono un avvocato. Mi occupo principalmente della difesa nei reati dei “colletti bianchi” e di vertenze previdenziali. Avevo in corso un caso molto importante alla Corte Federale di Manhattan nel 2001. Ci stavamo preparando per un processo che sarebbe iniziato l'11 settembre e io alloggiavo al Marriott Hotel che era tra le Torri Gemelle.

Avevo lavorato fino a tardi la sera del 10 settembre, circa fino alle 11 di sera. Il testimone che stavamo preparando disse che non poteva restare oltre perché la mattina seguente aveva un appuntamento dal dottore e che sarebbe arrivato in ufficio per le undici. Gli dicemmo che andava bene e decisi che la mattina dopo avrei dormito fino a tardi, quindi tornai in albergo e andai a letto.

Poi la mattina presto sentii fortissimo il rumore di uno scoppio. Mi alzai, andai alla finestra, aprii le tende, guardai fuori e c'erano carte nell'aria che cadevano al suolo. Avevo alloggiato molte, molte volte in quell'albergo e in quella parte di Manhattan, che è proprio sul porto, forti venti soffiavano dall'Oceano Atlantico, attraversando il porto, e colpivano i palazzi quindi pensai che fosse un pannello di vetro che si era rotto e avesse aperto un varco da cui usciva la carta. Non ci badai molto e tornai a letto. Circa venti minuti dopo sentii un'esplosione. Mi alzai, aprii di nuovo le tende e questa volta vidi delle palle di fuoco che cadevano su Liberty Street. Queste palle di fuoco cadevano in un parcheggio che era proprio di fronte alla mia camera; c'era una Chiesa Greco Ortodossa e c'era un parcheggio che la circondava, le palle di fuoco cadevano nella strada e incendiavano le automobili. A quel punto capii che c'era qualcosa che non andava.

Accesi la televisione su “Today show”, che è una trasmissione del mattino negli Stati Uniti, e stavano raccontando che due aerei avevano colpito il World Trade Center. Uno aveva colpito la Torre Nord, ed era il primo aereo che io descrissi come uno scoppio perché era dalla parte opposta dell'hotel rispetto a dove mi trovavo; e il secondo aveva colpito la Torre Sud ed era 80 piani sopra la mia testa. Inizialmente discutevano se si trattasse di un attentato, non lo sapevano con certezza, comunque stavano dicendo che i pompieri stavano arrivando e che avrebbero spento gli incendi. Guardai fuori dalla finestra un'altra volta ed effettivamente vidi i camion dei pompieri e i veicoli di emergenza nelle strade.

A quel punto ero lì in piedi in intimo perché mi ero appena alzato dal letto. Pensai: “Beh, adesso cosa faccio?” Avevo un caso che stava andando a processo e dovevo prepararlo e pensai: “La cosa migliore da fare è vestirmi e andare al mio appuntamento alle 11.” Feci la doccia, mi feci la barba, mi vestii e mentre stavo per mettermi la giacca guardavo la TV e stavano dicendo che era sicuramente un attacco terroristico. Pensai che se era un attacco terroristico, come nel 1993, l'FBI avrebbe recintato il palazzo e non avrei potuto rientrare quella sera. Quindi non volevo lasciare le carte del mio caso nella stanza. Ero in una suite e mi spostai nel salotto della suite e raccolsi tutte le mie carte, le scatole e le borse con i documenti. Ero lì in piedi e pensai: “Chissà se posso chiedere un facchino che mi aiuti a portare queste cose fuori dalla stanza.” Improvvisamente il palazzo cominciò a vibrare e a scuotersi come se ci fosse un terremoto. Guardai fuori dalla finestra e vidi una tenda di calcestruzzo e acciaio che cadeva dal cielo. Era come la tenda di un teatro che scendeva trasformando una giornata che era luminosa e solare nella totale oscurità.

Corsi nella porzione di ufficio della suite e mi schiacciai contro il muro e potei sentire il palazzo che si stava rompendo come se fosse sotto fuoco di artiglieria. Il mio primo pensiero fu: “Morirò in questo palazzo” e pensai: “Hai condotto una buona vita? Hai trascorso un tipo di vita di cui i tuoi genitori possono essere orgogliosi?” Il mio pensiero successivo fu che mia figlia si era appena fidanzata due settimane prima. Pensai: “Non vedrò mia figlia sposarsi.”

Non ero nel panico, non avevo paura. Ero come rassegnato a “Questa è la fine.”

Questo continuò per circa un minuto con l'albergo che veniva colpito dalle macerie della Torre Sud. Dopo un po' si fermò e quando si fermò ero ancora vivo. La stanza era un disastro, camminai fino alla porta, uscii dalla stanza e urlai, una voce mi rispose ed era Jeff Johnson, un pompiere, era sotto le macerie nel varco della porta per la scala antincendio.

In quel momento non lo sapevo ma quando la Torre Sud crollò distrusse l'intera porzione centrale dell'hotel. C'era una parte di albergo ancora in piedi vicino alla Torre Nord e poi c'era una guglia sottilissima che era ancora in piedi per diciannove piani sul lato sud del palazzo. E io ero lì. Ero al diciannovesimo piano, i piano sovrastanti erano crollati e il resto del palazzo, ad eccezione di queste due piccole porzioni, era crollato. Jeff, il pompiere, mi disse che dovevo scendere per la scala antincendio e di non preoccuparmi per lui perché sarebbe sceso dopo di me

Scesi per le scale antincendio, le luci di emergenza erano ancora accese e quindi potevo vedere mentre scendevo le scale. Quando arrivai al quarto piano c'erano macerie per le scale, provai a chiamare qualcuno e dal pianerottolo del terzo piano mi risposero: “Qui c'è un gruppo di persone al terzo piano ma non possiamo andare oltre perché la scala è crollata al suolo.”

Muovendomi intorno ai detriti che erano nella scala antincendio e aprendo un'apertura grande abbastanza da passarci attraverso, scesi fino al terzo piano e lì c'erano il direttore dei banchetti dell'albergo e altre tre persone che alloggiavano nell'albergo: uno era un signore anziano che aveva lavorato per uno studio legale a Manhattan ed era venuto dalla Florida, dove viveva da pensionato, per incontrare i suoi ex colleghi; un altro era un uomo d'affari di Denver, Colorado, e non ricordo da dove venisse il terzo signore.

Al terzo piano c'era un enorme buco nel muro, l'intero muro era crollato e guardavamo direttamente la stessa scena che avevo visto dalla mia stanza. Guardavamo fuori verso Liberty Street nella parcheggio dove era la Chiesa Ortodossa.

C'era una trave incastrata su un cornicione del secondo piano che era appoggiata contro il pianerottolo del terzo piano. Pochi istanti dopo Jeff Johnson, il pompiere che avevo visto al diciannovesimo piano, arrivò dalle scale con un altro pompiere. Jeff scese, camminò fino al pianerottolo, guardò fuori e scese dalla trave, quando arrivò al cornicione camminò lungo il cornicione, sparì per un momento e poi tornò. Guardò in alto verso di noi e disse: “Questa è la nostra via di uscita. Dobbiamo uscire da questo palazzo da soli, nessuno verrà a prenderci. Tutti quelli che erano nelle strade sono morti e nessuno verrà a cercarci. Dobbiamo uscire da soli. Ciò che voglio che facciate è strisciare lungo trave fino al secondo piano, così come ho fatto io.”

Quindi camminammo lungo il cornicione sul lato esterno dell'edifico, a pochi metri di distanza c'era un altra voragine nel muro. Saremmo rientrati nel palazzo attraverso quella voragine e avremmo cercato una via di fuga attraverso quella stessa voragine al secondo piano. Quindi il direttore dei banchetti scese lungo la trave, io scesi dopo e quindi scese l'uomo del Colorado. Camminammo lungo il cornicione e poco dopo trovammo il buco nel muro; rientrammo nell'hotel dal cornicione ed eravamo lì ad aspettare che l'altro pompiere e gli altri due uomini scendessero dalla trave. All'improvviso sentii quello che posso solo descrivere come un treno merci che mi arrivava addosso dal cielo. Non avevo idea di cosa fosse, Jeff, il pompiere, ci disse: “Mettetevi a terra”. Ci sdraiammo a terra all'interno del palazzo e sentivamo il rumore della Torre Nord che crollava facendo clackety, clackety, clackety, clackety. Non era un treno merci ma la Torre Nord che stava crollando con i piani che cadevano uno addosso all'altro causando quel rumore secco ripetuto. Rimanemmo sepolti dalle macerie, il buco nel muro da cui eravamo entrati non c'era più, era interamente ostruito dalle macerie e ne avevamo un metro anche sopra di noi. Emergemmo a fatica e rimanemmo nelle macerie fino alla vita, respiravamo a fatica perché c'era molto fumo e frammenti nell'aria. Letteralmente ogni volta che respiravamo sembrava di annegare, non entrava aria nei polmoni. Questo fu probabilmente il momento più spaventoso della giornata: non poter respirare, avere il naso e la bocca e la gola pieni delle macerie che volavano nell'aria.

Comunque, ci pulimmo le vie respiratorie e riuscimmo a prendere un po' d'aria. Il direttore dei banchetti, l'uomo del Colorado e io rimanemmo lì in mezzo alla macerie abbracciandoci, Jeff cominciò a tirarsi fuori le gambe da sotto le macerie e iniziò a guardarsi in giro per la stanza e chiese al direttore dei banchetti: “Dov'è la porta di questa stanza? Dobbiamo uscire di qui.” Il direttore dei banchetti gli disse: “Siamo al secondo piano, dovremmo essere sopra il ristorante, quindi questa dovrebbe essere la sala giardino. Dovrebbe esserci una porta all'estremità della stanza.” Jeff si fece strada nel campo di macerie e arrivò all'altra estremità della stanza e la porta era bloccata. C'era poca luce nella stanza, ma al centro della stanza c'era una trave d'acciaio, un'enorme trave d'acciaio, una trave portante dell'hotel. Jeff guardò la trave e, non me lo dimenticherò mai fino al giorno della mia morte, disse: “Dobbiamo uscire di qui adesso, cazzo! Quella trave sta cedendo, tutto il resto dell'hotel sta per crollare.” E iniziò e cercare una via di fuga. Sul lato del palazzo che dà verso West Street trovò un piccolo buco del muro, circa un metro per un metro. Prese un tappeto, lo incastrò tra le macerie, e lo gettò al di fuori del palazzo. Si volse verso di noi e disse: “Usciremo di qui.” Uno degli uomini che erano con noi disse: “Oh, devi essere pazzo, è troppo pericoloso scendere da quel tappeto.” Il direttore dei banchetti scese da quel tappeto per primo e arrivò giù senza problemi, io scesi per secondo, quindi l'altro uomo e poi scese anche Jeff.

Non era rischioso come può sembrare perché c'erano circa cinque metri di macerie in strada. La discesa lungo il tappeto era forse di soli tre metri fino al cumulo delle macerie. Attraversammo ciò che rimaneva di West Street che era ridotta a un cumulo di macere, mentre attraversavamo il cumulo di detriti ci fu un altro dei momenti più terrificanti perché c'erano ancora oggetti che cadevano dall'altro. Ricordo di aver pensato: “Oh Dio, sono uscito vivo dal palazzo e adesso morirò qui colpito alla testa da qualcosa che arriva dall'alto.” Attraversammo la strada e Jeff incontrò un altro pompiere che conosceva e ci lasciò. Ci disse: “Andate fino al fiume Hudson.” Camminammo fino al fiume e lì un poliziotto mi disse “Sanguini dalla testa.” Non mi ero accorto di sanguinare fino a quel momento, il Poliziotto disse: “Vi porteremo via di qui con un battello della Polizia. Attraverseremo il fiume e vi porteremo nel New Jersey, non vi possiamo portare in un ospedale a New York perché tutte le strade solo bloccate. Non c'è modo di portarvi in un ospedale a New York.”

Agli altri due uomini che erano con me fu detto: “Camminate fino all'estremità dell'isola, a Battery Park, c'è una stazione di soccorso là.”

Salii sul battello della Polizia su cui c'erano anche molti pompieri che si erano feriti durante le operazioni di soccorso e mentre stavamo attraversando il fiume Hudson guardai indietro verso Manhattan e dissi all'uomo seduto accanto a me: “Dov'è il World Trade Center?”

“Cosa vuoi dire 'Dov'è il World Trade Center'?”

“So che sono crollate le cime degli edifici.”

“Non sono crollate le cime degli edifici, gli edifici sono crollati fino alle fondamenta.”

Fu la prima volta che mi resi conto che i palazzi erano andati distrutti. Avevo fatto la scuola superiore a New York e ricordo bene che da una delle classi della scuola si vedeva il World Trade Center in costruzione. Era un bellissimo segno distintivo per la città di New York City ed era quasi inconcepibile che nel corso di una mattina andasse distrutto.

Per prima cosa ci portarono a Ellis Island dove era stato allestito un centro di smistamento, esaminarono la gravità delle mie ferite e mi portarono in ambulanza all'ospedale di Bayonne. Quando arrivai lì mi fecero una risonanza magnetica e avevo un sanguinamento nella scatola cranica. Quindi mi misero sotto trattamento intensivo e ce n'erano due possibili: uno era per vedere se il sanguinamento si era fermato da solo e il secondo, se invece non succede, in cui devono chiudere la ferita.

Io fui sufficientemente fortunato che il mio sanguinamento si fermò e fui dimesso dall'ospedale tre giorni dopo. Mia moglie e mia figlia vennero da Washington, dove abito, e mi portarono a casa dall'ospedale.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto secondo cui l'11/9 sarebbe stato un autoattentato?

Frank Razzano: Non è vero. E' assurdo pensare che sia andata così. Non è vero.


Undicisettembre: Hai descritto il rumore dei crolli come un “clacking sound”. Erano esplosioni secondo te?

Frank Razzano: No, no. Chiaramente no. Non sono un ingegnere ma da quanto capisco le parti portarti di quegli edifici erano lungo il perimetro esterno. Uno dei vantaggi, uno degli aspetti positivi commercialmente è che così hai un acro di spazio per uffici senza travi d'acciaio in mezzo ai pavimenti. Ciò che reggeva il palazzo era il guscio esterno. Quindi quando gli aerei si sono schiantati contro i palazzi ne hanno compromesso l'integrità strutturale, quando la parte superiore del palazzo ha iniziato a cadere i pavimenti sono crollati uno sull'altro, sull'altro e sull'altro ancora.


Undicisettembre: Cosa pensi dei pompieri e dei soccorritori che hanno rischiato le proprie vite per salvare gli altri?

Frank Razzano: Quegli uomini sono le persone più incredibili. Fino a questo evento non avevo mai pensato troppo ai pompieri. Al World Trade Center adesso c'è un memoriale con i nomi dei pompieri che sono morti. Quel giorno ne sono morti oltre 300 a New York nel tentativo di salvare le persone nei palazzi. E' incredibile pensare che quelle persone rischiano la vita quotidianamente per aiutare altre persone. I Gesuiti hanno un detto che dice che sono uomini per gli altri, ma anche i pompieri e i poliziotti sono veramente uomini per gli altri. Ogni giorno vanno al lavoro e rischiano la vita, la maggior parte di noi non lo fa.


Undicisettembre: L'11/9 come ha influenzato la tua vita quotidiana?

Frank Razzano: Cerco di essere più gentile con le persone, più cortese e più comprensivo. Un tempo pensavo che volevo lavorare fino al giorno della mia morte, ora non voglio più lavorare fino al giorno della mia morte. Voglio godermi la vita. E' in questo modo che ha condizionato la mia vita. Sono diventato più religioso come conseguenza. Mi ci volle qualche anno ma sono andato in pellegrinaggio a Santiago in Spagna, ho fatto il cammino per onorare le altre persone che non sono sopravvissute. Credo che sia questo il modo in cui ha condizionato la mia vita.


Undicisettembre: Cosa pensi dei nuovo World Trade Center?

Frank Razzano: Credo che i nuovi palazzi siano molto belli. Gli Stati Uniti sono stati attaccati da nemici esterni tre volte. La prima volta la Gran Bretagna ha invaso Washington e ha bruciato la Casa Bianca durante la Guerra del 1812; quindi il Giappone ha attaccato Pearl Harbor il 7 dicembre 1941 e nel 2001 i terroristi hanno attaccato il World Trade Center. Credo che fosse molto importante per gli Stati Uniti ricostruire, ogni volta che siamo stati attaccati da nemici esterni non ci siamo arresi, abbiamo ricostruito e questo ha reso la nostra nazione più forte ed è stato ciò che abbiamo fatto anche questa volta. Questi nuovi palazzi sono un simbolo della forza americana e della determinazione americana, che non saranno sconfitte da nessuno.

3 commenti:

Enzo ha detto...

quante inesattezze! Ce n'è una enorme che confuta gran parte della tesi dell'articolo-intervista: la struttura degli edifici non era solo formata dalla maglia esterna. All'interno dell'edificio c'erano decine di pilastri scatolari in acciaio.
http://911research.wtc7.net/mirrors/guardian/WTC/core-columns.jpg

Leonardo Salvaggio ha detto...

Enzo,

la struttura portante del WTC era effettivamente sulla pareti esterne e nel core. All'interno c'erano dei pilastri ma, appunto, nel core e non nel mezzo degli uffici.

Quindi quello che dice il testimone, che tra l'altro è un avvocato e non un esperto, è corretto.

Comunque iniziare un commento a un articolo che racconta di una persona che ha rischiato di morire con "quante inesattezze" non è un bell'approccio.

Leonardo Salvaggio ha detto...

Enzo,

tra l'altro questo articolo non sostiene alcuna tesi. E' il racconto personale di un sopravvissuto che non puoi confutare perché lui c'era e tu no.